L’esercizio fisico obbliga l’organismo a porre in atto una serie di aggiustamenti cardiovascolari, respiratori, metabolici e neuro-endocrini, per far fronte alle aumentate richieste energetiche dei muscoli. Tuttavia, se lo sforzo è di intensità pari alle massime capacità individuali e si protrae nel tempo, gli aggiustamenti divengono progressivamente meno efficienti: l’organismo avverte difficoltà a sostenere ulteriormente lo sforzo, mostrando i segni della fatica acuta.
Def. di fatica acuta del prof. Paolo Cerrelli
“La limitazione acuta della prestazione, che implica sia un aumento dello sforzo necessario per sostenere un determinato carico, sia un’incapacità di sostenere l’intensità, la durata ed eventualmente il ritmo imposto”.
Esiste una chiara dipendenza della fatica dal tipo di attività sportiva. Per un sollevatore di pesi la fatica si realizza in pochi secondi, per il maratoneta dopo chilometri e chilometri di corsa. Esiste inoltre una stretta relazione tra forza e faticabilità: un muscolo “affaticato” eroga meno forza rispetto a quella fornita in condizioni di base.
Un altro aspetto molto interessante è quello definito la saggezza del muscolo. Si tratta di una serie di meccanismi neuro-muscolari riflessi, mediante i quali il muscolo affaticato tende ad “autoproteggersi” limitando le sue prestazioni per evitare sovraccarichi ulteriori, danni e lesioni.
Le cause di fatica acuta sono numerose e complesse, in questo articolo toccheremo le principali:
1 – L’esaurimento dei substrati energetici a disposizione dei muscoli
Nelle attività sportive di lunga durata uno dei fattori limitanti la prestazione che porta all’insorgenza di fatica è l’esaurimento delle scorte di glicogeno. È stato dimostrato che in una maratona condotta al massimo delle sue capacità individuali, le riserve muscolari di glicogeno si azzerino. In casi estremi l’esaurimento delle scorte di glicogeno muscolare ed epatico porta ad un crollo dei valori di glucosio nel sangue (ipoglicemia) che provoca malessere, tremori, ecc.

La completa ricostruzione delle scorte di glicogeno con l’alimentazione richiede tempi superiori alle 36 – 48 ore, ma può essere abbreviata se subito dopo la fine dello sforzo si assumono carboidrati. L’ideale per chi pratica discipline di lunga durate è una supplementazione di zuccheri (maltodestrine, fruttosio) già durante lo svolgimento della gara stessa, e nei sei giorni che precedono la gara adottare una dieta più ricca di carboidrati (pasta, pane, patate) in modo da aumentare il contenuto iniziale di glicogeno nei muscoli.
2 – Alterazione dell’equilibrio idrico ed elettrolitico
Dovuta alla perdita di acqua con la sudorazione e di sali minerali (elettroliti), elementi indispensabili alla contrazione muscolare e al mantenimento dell’integrità della membrana cellulare. Questa situazione comporta aumento della viscosità del sangue che costringe il cuore ad un aumento del lavoro per mantenere un adeguato flusso ai muscoli in attività, ed a una sofferenza renale per la riduzione del flusso di sangue versi questi organi.

Uno dei segnali più caratteristici di fatica acuta è il dolore muscolare. In base al tempo di comparsa viene definito di tipo precoce o tardivo. Il primo insorge durante lo sforzo e tende rapidamente ad attenuarsi e scomparire dopo che lo stesso è interrotto. Ha la funzione di “campanello d’allarme” (la saggezza del muscolo) che suona per avvertire l’atleta che i suoi muscoli stanno raggiungendo il limite massimo tollerabile e che è meglio interrompere lo sforzo o ridurre l’intensità.
Un discorso a parte va fatto per il dolore muscolare di tipo tardivo, nota come DOMS (Delayed Onset Muscle Soreness) che compare dopo uno sforzo fisico prolungato ed intenso ripetuto specie se caratterizzato da contrazioni muscolari eccentriche come calciare, frenare bruscamente, ecc. La sindrome, caratterizzata da dolore diffuso nel muscolo (il che la aiuta a differenziala da lesioni muscolari specifiche localizzare in un punto preciso), insorge 24-72 ore dopo lo sforzo, accompagnata a impotenza funzionale relativa (“sensazione di muscoli imballati, duri”) e tende ad esacerbarsi con la contrazione eccentrica.
È ormai definitivamente chiaro che la DOMS non c’entri nulla con la prese di acido lattico, ma è un danno diffuso microscopico dei muscoli. Studi con RMN (risonanza magnetica nucleare) hanno addirittura permesso di evidenziare rotture dei ponti di attiva e missina e di danni alla membrana della cella muscolare (sarcomi).
Estratto da: Manuale di Medicina dello Sport di Paolo Zeppilli